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al testo di Ivan Pozzoni
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A te che osservi con i tuoi occhi di bistro i miei malumori mi disinneschi con un sorriso, mi neutralizzi con un amore duraturo come una Compact Fluorescent Lamp, diventando aeriforme, neon, argon, kripton, forse è il kripton a disattivare le mie smanie da Superman, e ti arrampichi sulla mia colonna vertebrale con zampine da gatta, dissuadendomi dall’ingurgitare, dal bere, dal rissare, dallo smettere di scrivere.
Princeza romana, eu sou seu bárbaro, continuo a mettermi canottiere bianche nelle mutande nere a non lavare i piatti, a battere sui tasti, meglio che lavare i tasti e battere sui piatti, ti ho rapita in una scorreria sulle coste di Gaeta, facendomi incantare da te, Circe tardomoderna, capace di trasformare maiali in uomini, il cuore del maiale è uguale al cuore umano, tu sola l’hai capito, in vent’anni, con la tua spensieratezza insulinosa, con le tue insicurezze, con i tuoi crolli antemestruali, col tuo viso interrogativo, sempre in grado di spiazzarmi, mimo da piazza destinato a andare in piazza, senza rimpiazzarmi.
Princeza romana, eu sou seu bárbaro, senza tuttavia riuscire a dedicarti Odi barbare, non sono attrezzato a odiare nessuno, o a mischiare metri, - che facciamo, mezzo metro?- meglio la mia attitudine a duellare, a rocambolare, mezzo Cyrano de Bergerac e mezzo Socrate, sono convinto che mi preferisci intero, e a lunga conservazione, non avendo la velleità della donna moderna di trasformare il proprio uomo in un coglione.
[Cherchez la troika, 2016] |
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